Tema sul Welfare State

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Visceral
view post Posted on 11/3/2010, 18:43




Tema sul Welfare State



Per Welfare State (o Stato sociale) si intendono tutte quelle misure che lo Stato intraprende per difendere i cittadini contro i cosiddetti rischi della vita e i danni creati dal mercato: la disoccupazione, l'invalidità, la malattia, la vecchiaia.

La nascita ufficiale del Welfare si deve a Lord Beveridge, economista e uomo politico inglese, autore nel 1942 del rapporto Social Insurance and Allied Services ("Assicurazioni sociali e servizi connessi") meglio conosciuto come Piano Beveridge.
Ma elementi di protezione sociale erano già stati introdotti in Europa, fin dall'Ottocento. Per esempio, già nel 1880 Bismark concepisce per la Germania il "programma nazionale obbligatorio delle assicurazioni".

Si tratta di iniziative che, al contrario di quanto comunemente si crede, non nascono direttamente dalle lotte dei lavoratori, ma sono elaborate da elite liberali quando non apertamente conservatrici, preoccupate sì da un ipotetico scontro sociale, ma anche dall'indebolimento fisico delle nuove leve militari.

Mentre in Europa le garanzie sociali sono state fatte proprie dalla maggioranza dei cittadini e dei lavoratori, in America il sistema di welfare è guardato con sospetto, perché si teme che esso deresponsabilizzi il singolo e gli tolga quell'iniziativa e quella spinta a darsi da fare, necessarie alla sopravvivenza e al progresso individuali e collettivi.

Da alcuni anni il sistema di protezione sociale è in crisi anche al di qua dell'Oceano e in principal modo in Italia. Nell'agenda politica nazionale la riforma del Welfare costituisce una delle priorità più scottanti, fonte di dibattiti, di polemiche, di possibili e temuti scivoloni elettorali.

Il debito pubblico di grandi dimensioni, eredità di decenni di finanza pubblica allegra, che ci hanno portato a vivere al di sopra delle nostre possibilità, unitamente all'invecchiamento progressivo della popolazione, dovuto alla bassa natalità, ma soprattutto allo straordinario miglioramento delle condizioni di vita, costringono chi ci governa a varare al più presto una riforma dei sistemi pensionistici, sanitari e di sostegno alla disoccupazione.

Il gettito finanziario dello Stato, ottenuto tramite la tassazione dei cittadini, non consente più di sostenere l'attuale rete di garanzie. Dovremo a malincuore abituarci all'idea di andare in pensione più tardi e con un reddito minore e di contribuire, magari parzialmente ma direttamente, alle spese per la sanità e l'istruzione.

Soprattutto sembra mutata in questi ultimi anni la filosofia che sorregge il Welfare: da una concezione puramente assistenzialista si è passati a una logica di sussidiarietà, di responsabilità, di opportunità, che anziché un passo indietro, rappresenta, a mio parere, un'evoluzione positiva verso una maggiore giustizia sociale.

Per esempio, limitarsi a dare soldi a un disoccupato può contribuire all'instaurarsi di una rassegnata passività, laddove provvedere a un efficace sistema di formazione continua e di collocamento, può portare a risultati più soddisfacenti non soltanto per il lavoratore, ma per le stesse aziende.

È chiaro che una crescita economica positiva nei prossimi anni appianerebbe molti problemi oggi dibattuti e si tradurrebbe in un maggior benessere collettivo. Nel frattempo, molte risorse possono essere recuperate, in Italia, promovendo una lotta agli sprechi. Responsabilizzare maggiormente chi ha in mano, a livello centrale, ma più ancora periferico, le leve della spesa sanitaria e per l'istruzione, comporterebbe un miglioramento dei servizi, a costi più accettabili. Si tratta di cominciare, anche in Italia, a premiare il merito, di favorire la carriera dei manager più capaci e di estromettere dal potere i troppi incapaci che funestano la vita e i bilanci della Pubblica Amministrazione.

Si tratta inoltre di eliminare i privilegi di cui godono alcune categorie professionali, che contribuiscono ad alleggerire le tasche della maggioranza dei cittadini.

Ciascuno di noi deve cominciare poi, a mio avviso, a percepirsi come un cittadino più maturo, responsabile verso se stesso, la propria famiglia, la comunità in cui vive, ma anche verso le generazioni future, preparato ad affrontare al meglio sia il lavoro, che la vecchiaia e la pensione.

Che non significa abbandonare il singolo a sostenere l'ingenerosa lotta per la vita, bensì promuovere il compiuto sviluppo di una società che faccia propri i valori di uguaglianza, libertà e solidarietà.

A proposito di libertà, sono personalmente favorevole all'istituzione, promossa da molti riformatori del Welfare, del cosiddetto reddito minimo garantito. Una società veramente umana deve permettere che tutti i propri membri possano soddisfare i più elementari bisogni, al di là della propria partecipazione al ciclo produttivo. Sarebbe un deterrente verso le nuove forme di schiavismo che si stanno diffondendo nel mondo del lavoro e stimolerebbe gli imprenditori a offrire lavori che non permettano la semplice sopravvivenza, ma favoriscano l'autorealizzazione della persona.
 
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