Canto XV dell'Inferno

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Visceral
view post Posted on 10/3/2010, 20:27




Canto XV dell'Inferno



Dante e Virgilio sono appena usciti dal bosco dei suicidi. Percorrono un argine pietroso al di là del quale si stende un deserto infuocato. È qui che incontrano una schiera di anime, una delle quali riconosce Dante e vi si intrattiene.

Si tratta di Brunetto Latini, notaio fiorentino, grande erudito del tredicesimo secolo, famoso studioso di retorica e di dottrine politiche, autore di trattati enciclopedici.
Un Maestro per Dante, col quale ha probabilmente conversato in gioventù, che di certo molto contribuì con i suoi scritti alla formazione dell'autore della Divina Commedia.
Difatti, scrive Dante:

(...) 'n la mente m'è fitta, e or m'accora,
la cara e buona immagine paterna
di voi quando nel mondo ad ora ad ora
m'insegnavate come l'uom s'etterna.

L'anima di Brunetto ha il viso bruciato. Egli è dannato nel settimo cerchio, quello dei sodomiti, la cui pena è di essere sottoposti ad una pioggia di fuoco, da cui non trovano riparo.

Durante il colloquio con Dante, Brunetto si scaglia con violenza contro i fiorentini, predicendo a Dante l'esilio. Viceversa ha parole lusinghiere per il poeta, di cui apprezza le qualità morali e artistiche e a cui profetizza gloria futura.

L'atteggiamento di Dante verso Brunetto è di rispetto, quasi di soggezione. Egli spiega al suo anziano maestro le ragioni del viaggio che ha intrapreso.

Brunetto indica poi a Dante alcuni suoi compagni di sventura, accomunati nel suo stesso "vizio". Si tratta di ecclesiastici e di letterati molto in vista.
Il canto si conclude con Brunetto che è costretto a raggiungere di corsa i suoi compagni.

Sorprende, ad una prima lettura, che Dante abbia cacciato nel profondo dell'inferno un uomo valente, che egli stesso considera un maestro e per cui dimostra di nutrire una profonda stima. Al quale l'unisce, per di più, la dolorose esperienza dell'esilio.
Ma Dante, lo sappiamo già per l'esperienza di lettura dei canti precedenti (per esempio nel caso di Francesca e di Farinata), punisce il peccato, non il peccatore, che continua a conservare, pur nella pena, la sua grandezza. Si può essere peccatori e, nello stesso tempo, persone di valore.
Questa ambivalenza nella costruzione dei personaggi è tipica delle grandi opere dello spirito e non si ritrova soltanto nella Commedia dantesca.
Inoltre, in Brunetto, Dante non sembra punire tanto l'omosessualità, a cui non fa neppure riferimento, quanto, forse, il rapporto asimmetrico che spesso si instaura fra un precettore adulto, potente e culturalmente superiore e un giovinetto. In questo sta la corruzione, su questo si basa la severità della condanna.
 
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